Per Ashraf Fayadh e altri, la libertà non si frusta

La buona notizia è la revoca della pena di morte per il poeta palestinese Ashraf Fayadh.

La cattiva notizia è che la sua pena non è stata sensatamente cancellata, bensì “scontata” e tramutata in otto anni di carcere e ottocento frustate… per l’accusa di scrivere poesie che inducono ad apostasia e blasfemia. Non voglio avvicinarmi alle dinamiche del processo qui, ma se l’accusa fosse vera, Fayadh non avrebbe alcuna scusa né giustificazione per attenuare la sua colpa. Dunque, blasfemo sarà lui e il suo seguito di lettori e sostenitori. Il problema deve essere sradicato dal terreno.

Ottocento frustate per ottocento parole, versi e poesie. Quante lacrime ci sono in ottocento frustate? Quante poesie in ottocento lacrime? Quante parole in otto anni? Perché non possiamo decidere quale religione seguire; perché non possiamo decidere la nostra dimensione spirituale, indipendentemente dalla comunità di nascita e da ciò che la maggioranza fa (e stabilisce) nel paese d’origine o di residenza. E se la mia religione mi vietasse di avere una religione?

Quello di Fayadh è un caso che ha qualcosa di esplicitamente orribile, che porta l’assordante rumore della violazione dei diritti umani, tanto da non poter essere accettato da un certo numero di persone e da alcune comunità. In effetti, riesce almeno a sollevare un po’ di polvere. Però, insieme a questo ci sono tanti casi affini di insidiosa tortura, di censura invisibile, meno esplicita ma ugualmente forte ed efficace. La lista di prigionieri, censurati e torturati è troppo lunga.

 

Dalle traduzioni fatte dall’arabo all’inglese, “traslate” in italiano, qualcosa si sarà perso (o aggiunto) nelle “troppe pieghe” linguistiche:

 

Il petrolio è innoquo, eccetto per le tracce di povertà che lascia dietro di sé

Quel giorno, quando il volto di chi scoprirà un altro pozzo di petrolio sarà nero,
quando ti scoppierà la vita in petto estraendo oro nero dalla tua anima
per uso pubblico..
quella.. sarà.. la promessa del petrolio, la vera promessa.

fine..

*

Notte,
non lo conosci il Tempo
mancano gocce di pioggia
che possano lavare il resto del tuo passato
e liberarti da ciò che chiamasti pietà…
di questo cuore…capace di amare,
di scherzare,
di confrontarsi con la tua disonesta fuga da una molle religione.

 

 

Promemoria personale di letture:

Il caso di Fayadh è ben spiegato su DisperatoEroticoBlog 

Su Il Manifesto 

Fayadh nella traduzione di Chiara de Luca , Silvia Moresi e tre poesie a cura di Sana Darghmouni e Pina Piccolo.

Grazie Giampaolo (InniInVani), per avermi segnalato il giorno della creatività dedicato alla libertà.

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6 responses to “Per Ashraf Fayadh e altri, la libertà non si frusta”

  1. Scrivere poesie per essere condannata a morte? Mi sembra spropositato. Come eccessivi gli 8 anni carcare e le ottocento frustrate. Quando si teme il contagio delle parole allora si ricorre alla forza ma non c’è pena che riesca a zittirle.

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