Mi risveglio con la voglia di riprendere una certa attività su questo piccolo spazio virtuale, non perché io mi sia distanziata dalla letteratura (non mi abbandonerebbe per nessun motivo), ma poiché mi manca liberarmi dei pensieri che si affollano nella mente di lettrice, e ultimamente ne ho accumulati parecchi.
Mentre cerco di raccogliere gli appunti degli ultimi tempi, mettendo insieme riflessioni, letture e parole sparse, condivido con piacere l’estratto di un blog di recente scoperta, in cui vi ho trovato una scrittura riflessiva, raffinata e incisiva. Perché questo breve testo mi ha rapita? Perché non ho potuto fare a meno di rimanere impigliata nella rete un po’ imbrogliata delle riflessioni di un duplice io, spiattellate sulla pagina bianca di un blog, culminanti in un getto di poesia.
Un lungo sorso d’acqua per assaporare il risveglio filtrante di luce cristallina dal perimetro delle finestre chiuse. Fasci di polvere luminosa e calda alimentata dal vapore del mio respiro nella penombra dentro una struttura che contiene il riflusso energetico del desiderio sognante.
Ricordi della sera precedente sbiaditi dalla turbolenza di un sonno senza tregua e senza nome. La frenesia del corpo ricongiunta all’impulso di movimento e ritmo perpetuo ha avuto il suo riposo.
Come caldo e freddo si scontrano nel passaggio dal sogno alla realtà, attraverso le narici, qui il flusso della vita si separa come la corrente di due oceani.
Mentre da un palazzo lontano, una presenza ignota mi guarda e sembra sorridere, come il sole. Immagino la sua risata sonora e squillante come una tromba in una valle montana. Parole di verità riecheggiano in lontananza come il suono sordo e profondo di una valanga.
Risucchiato in forma umana ricordo tutto, anche lo squallore di certe situazioni, e il magma nero che s’insinua come un blob tra le venature del marmo che provo a scolpire, indifferenza dell’indifferenza.
Allora così, come una pietra lasciata cadere dal quarto piano di un palazzo senza ascensore, con il rischio di far male. Un approccio conveniente che alcuni chiamano cinismo. Piuttosto è un gettarsi a mare per salvare qualcuno senza sapere del tutto nuotare, senza accettare le conseguenze dei propri limiti.
Occorre anche scontrarsi con le proprie contraddizioni senza andarne a braccetto. Così, con poco pensiero e tanto sentimento, sregolato a volte, il rischio aumenta. Occorre sacrificare una parte consistente di sé, per qualcosa di utile.
Penso alla luce distinta e intensa espressione dei suoi occhi, riflette una sensibilità macchiata d’innocenza. Per la casualità che ho giò riconosciuto non essere il principio di una favola a buon fine, mi sento cauto. Ripetizioni del medesimo che non è più tempo di sublimare per impulso estetico o sessuale. Occorre aspettare e indagare a fondo. Lo scopo delle cose ben fatte è quello di durare nel tempo.
Quanti occhi ho visto fin qui, senza che mai permettessero uno scambio. Unilaterale desiderio di possedere e condividere nell’incapacità di comunicare apertamente per questo ancor piu’ difficile per paura nell’ansia di conoscere e dire tutto. Allora anche il silenzio risulta essere piu’ conveniente. Ma non tutto si può tacere.
La poesia deve essere viva
come una ferita costruita
per rimarginare.
E tu non vorresti mai dire che fosse solo un lamento,
la forza cieca che cerchi e più di tutto brami
non più che illusione di mistica assolutezza
fra tanti racconti vuoti senza esperienza
dove tutto sembra predisposto a una lieta permanenza
in un futuro schiavo soltanto delle proprie scelte.
Luminoso è lo sguardo di un cuore puro
che non vuole più sottomettersi.
Dal blog di Lorenzo Polo
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Segnalo anche il recente articolo “Metamorphosis: la scultura di David Černý come scomposizione meccanica dell’identità in Kafka” per una passeggiata lungo le strade di Praga.