Palazzo Yacoubian è un libro del 2002 dell’egiziano Alaa Al Aswany, dentista di professione e autore di alcuni romanzi, saggi e racconti, collabora anche con alcune riviste locali. Il nome dell’autore l’avevo precedentemente incontrato nelle librerie con Cairo Automobile Club, ma per qualche ragione non aveva attirato la mia attenzione fino ad ora.
Ho scoperto che il primo libro che ho letto di questo autore ha fatto molto parlare di sé, in un primo momento è stato alacremente criticato e ha ricevuto il rifiuto di molti editori egiziani per l’inaccettabilità morale dei temi esplicitamente trattati. Tuttavia, dopo la pubblicazione è riuscito a far breccia nel mondo arabo, è stato rapidamente tradotto in oltre venti lingue e ha raggiunto una buona popolarità. Nel 2006 è stato trasposto cinematograficamente con grande maestria dal regista Marwan Hamed, presentato in Italia in occasione del Festival di Roma, e successivamente ne hanno tratto persino una serie per la TV nazionale egiziana.
Il romanzo è ambientato negli anni novanta, durante la guerra del Kuwait, i fatti si svolgono nella città del Cairo e a fare da palcoscenico c’è un palazzo realmente esistente che sovrasta una delle strade più trafficate del centro: il palazzo Yacoubian, che l’autore ha volutamente modificato nello stile, così come ha voluto ricostruire dei personaggi presi della realtà per utilizzarli al fine della pura finzione romanzesca.
Ne viene fuori un quadro polifonico, multiforme, conflittuale e ancora troppo attuale dell’Egitto, viene tirato in campo il complesso sistema politico, una storia piena di contraddizioni, una struttura sociale costruita su apparenti perbenismi,corruzione, falsi moralismi e una religione pericolosamente insidiosa.
Ho trovato quest’opera molto ben costruita, estremamente bilanciata, mi sembra che tutti abbiano lo spazio che si meritano, nessuno prevale sull’altro, cosa che mi ha fatto subito apprezzare le doti di scrittura di Al Aswany.
La voce del narratore onnisciente si muove con precisione come se guidasse l’obiettivo di una videocamera, spostandosi abilmente da una scena a quella successiva, da un’abitazione del palazzo ad un’altra, permettendo al lettore di intrufolarsi fra le vite dei personaggi quasi come se fosse un vicino di casa troppo ficcanaso che spia le sagome alle finestre, che origlia alle porte e cerca di captare dei movimenti privati attraverso le pareti divisorie troppo sottili, e poi si trattiene sul pianerottolo per spettegolare con gli altri.
Sebbene immagino che dietro ciascuno di essi esista un lavoro di costruzione ben pensato, tutti i personaggi sono meravigliosamente imperfetti, emergono dalle pagine con difetti, pulsioni, perversioni e disturbi nevrotici, posano rigorosamente dal loro lato peggiore. Qui non ci sono eroi, bensì solo anti-eroi; non ci sono modelli da seguire, semmai vi si ritrovano esempi da non imitare per evitare di finire nei guai.
Il palazzo Yacoubian è un piccolo microcosmo, ci sono quasi tutti, e chi manca compare comunque sullo sfondo o si sente la loro voce in lontananza.
C’è il medesimo personaggio che apre e chiude il romanzo, non perché sia il protagonista principale, ma forse perché ha il legame più vecchio con il palazzo Yacoubian e per altri motivi che in seguito si comprenderanno. Si tratta di Zaki Bey El Dessouki, ormai anziano, è un fallito ingegnere che ogni mattina si reca presso il suo studio come se avesse incarichi imminenti, assistito dal suo fedelissimo e discreto collaboratore, Adaskharon. Quest’ultimo ha un fratello, Malak, che di mestiere confeziona magliette, è un sarto sornione e ha sempre un piano pronto per incastrare qualcuno.
Zaki Bey adora vivere illudendosi di essere un ricco pascià, sebbene gli altri lo vedano ormai come un povero vecchio, e ha un grande vizio che prevale su tutti gli altri: le donne. Egli le ama tutte e non può rinunciare a nessuna, forse per questo non è mai riuscito a legare con una di loro particolare, non ha mai messo su famiglia ed ha trasformato il suo studio in un confortevole rifugio per le sue numerosissime amanti. Un giorno viene derubato da una prostituta incontrata in uno di quei locali poco raccomandabili che frequenta. Quando Dawlat , la bisbetica sorella con cui convive nella proprietà di famiglia, scopre che il suo anello è scomparso insieme ad altri oggetti di valore la situazione degenera, lei coglie il pretesto per cacciarlo fuori di casa, costringendolo a vivere in ufficio, e lo porta davanti alla legge facendo alzare un polverone di scandalo tutt’attorno.
Hagg Muhammad Azzam, un ricco magnate sposato da tanto tempo e padre tre figli ormai adulti, viene improvvisamente colpito da impulsi sessuali irrefrenabili e imbarazzanti che sua moglie, ormai anziana come lui, non è in condizione di soddisfare. Con l’aiuto di un rinomato sceicco e il supporto dei suoi figli decide di diventare poligamo, convola segretamente a nozze con la giovane e affascinante vedova Souad, la mette davanti a dure condizioni, la segrega in una ricca casa, la allontana da figlioletto e le rifiuta violentemente la maternità. Souad non può far altro che accettare e soffrire, intrappolata nella morsa di un potere maschilista, e quando avrà la forza per liberarsi e per parlare forse sarà troppo tardi.
Hatim Rasheed è un sofisticato e colto giornalista di Le Caire, una testata locale in lingua francese. Di lui tutti conoscono l’intelligenza e l’omosessualità, non apertamente dichiarata ma davanti agli occhi di tutti. Nato in una facoltosa famiglia, da madre francese e padre egiziano, egli rappresenta il contrasto, l’incontro e il conflitto fra Oriente e Occidente; è un edonista che non riesce mai a raggiungere la vera felicità. Non è del tutto chiara la sua posizione, ad un certo punto lui stesso sembra imputare la “colpa” della propria sessualità alla mancanza di cure amorose dei genitori sempre impegnati dal lavoro, motivo per cui era stato cresciuto da un domestico che lo aveva iniziato a pratiche erotiche in tenera età. Un giorno si innamora perdutamente di Adb Rabbuh, un giovane militare che ha lasciato temporaneamente al nord del paese moglie e figlio. Quest’ultimo, dopo una prima resistenza, decide di abbandonarsi ad un amore lascivo e di godersi i benefici del buon partito, ma poi crolla nei sensi di colpa, sente di meritare la punizione divina e impazzisce.
Il giovanissimo, volenteroso e meritevole Taha, dopo aver duramente constatato di non poter per nessuna ragione al mondo entrare nel corpo nella polizia a causa della sua astrazione sociale troppo bassa – suo padre è infatti il portinaio del palazzo Yacoubian-, entra nella facoltà di Economia e Commercio, si scontra con la discriminazioni classista e si aggrega ad un gruppo di fratelli musulmani estremisti, diventa un rigido praticante e si mette sotto l’ala protettiva di un saggio sceicco altamente rispettato.
Però, nei paesi in cui regna il terrore travestito da democrazia, chi va all’opposizione viene incarcerato e torturato. Così Taha si ritrova a dare una piega drastica alla sua vita e raggiunge il punto del non ritorno, viene sopraffatto dal sentimento della vendetta e gli eventi lo portano inevitabilmente sempre più lontano dalla sua fidanzata storica, Busayna.
Quest’ultima ha dalla sua parte la beltà e la gioventù, ma carica sulle spalle il peso della responsabilità dell’intera famiglia, perché è la prima figlia e suo padre è scomparso prematuramente. Con un certo sforzo impara che per avere un lavoro fisso e ben remunerato una giovane donna deve giungere a compromessi con sé stessa e concedere quel tanto che le basta per conservare la verginità e compromettere negativamente la propria morale. Sua madre chiude un occhio e Busayana acquisisce quella malizia che le permette di andare avanti nonostante senta profondamente di essersi sporcata nel fango. Successivamente viene coinvolta in un piano diabolico complottato da Malak e Adaskharon, entra nello studio dell’anziano Zaky Bey per sedurlo secondo un precedente accordo e ricevendo in cambio un discreto compenso.
Ma ad un certo punto, in mezzo a tanta confusione e troppe complicazioni, sembra che l’amore si faccia strada, se non per trionfare su tutto quanto meno per trovare una piccola via di fuga.
Persino Zaky Bey finalmente si libera dell’ossessione delle donne e per la prima si ritrova a venerare solo la sua unica giovane Busayana. D’altro canto, quest’ultima si rende conto di sentirsi per felice accanto a Zaky Bey, per la prima volta nella sua vita. Allora gli prende il viso fra le mani e lo guarda con gli occhi di una vera amante, abbandona il malefico piano in cui l’avevano precedentemente intrappolata e, dunque, perché dovrebbe rinunciare all’amore solo per l’età che li divide anagraficamente?
Il romanzo si conclude con un felice matrimonio anticonvenzionale, dove l’amore riesce ad abbattere le barriere di classe e le convenzioni sociali; i festeggiamenti si svolgono nel famoso ristorante Maxim’s gestito da Christine, amica stretta di Zaki Bey, che assomiglia troppo – ma davvero troppo- alla Mariana di Naguib Mahfouz in Miramar: greca di origine, nata e cresciuta in Egitto (e comunque straniera), un paio di matrimoni alle spalle, bionda e colta.
Ed ecco che la musica aiuta a ricostruire un’armonia perduta, la voce di Edith Piaf (l’occidente) e le note della tradizione (l’oriente): ed ecco l’Egitto, il vero e unico protagonista di uno splendido romanzo contemporaneo.
One response to “Libri dalla terra straniera: “Palazzo Yacoubian” di Alaa Al Aswany”
interessante questo post alla scoperta di autori che meritano amggiore attenzione
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