Gli scrittori proiettano inevitabilmente la propria identità nella scrittura, il loro linguaggio, almeno un frammento di ciò che li circonda, che hanno visto o vissuto. Con le proprie esperienza di vita si trascinano gioie, dolori, passioni e tormenti che andranno a confluire nelle storie inventate, o quasi inventate. Comincia così un’intervista con Behrouz Boochani che mi è capitata sotto gli occhi di recente:
In che modo la Sua identità influenza la scrittura? Esiste ciò che potremmo chiamare l’identità dello scrittore?
Dal mio punto di vista di lettrice la risposta è alquanto ovvia, ma non banale né scontata. Ed è proprio questa, appunto l’identità dello scrittore, che fa della letteratura ˗ e in generale dell’arte˗ un organismo vivente, sorretto da ossa rivestite di muscoli, attraversato da un complesso sistema di capillari; idealmente se si provasse assurdamente a tagliare un libro con un coltello affilato si rischierebbe di esser colpiti da uno zampillo di sangue.
Forse per Behrouz Boochani il tema dell’identità è da sempre il fulcro di una ricerca personale e letteraria piuttosto che un elemento emerso in superficie durante i recenti anni d’esilio. Un bambino che nasce curdo in Iran si ritrova ben presto, e non per scelta personale, a dover fare i conti con un problema di identificazione, appartenenza e rappresentazione in un diverbio di similitudine e diversità.
Il Kurdistan è una nazione divisa fra più stati, non è uno stato indipendente e i suoi confini sono indefiniti; il non avere frontiere sembra paradossalmente essere l’ostacolo per la libertà. Nonostante tutto, frontiere a parte, esiste e si parla di una cultura curda, di una lingua curda e della letteratura curda, sebbene non sia in alcun contesto “dominante”.
Inoltre, fra i curdi esiste un diffuso nazionalismo, tanto che nel referendum del 2017 la maggioranza indiscussa del popolo ha votato a favore dell’indipendenza. Tuttavia, per ottenere la il riconoscimento dell’indipendenza bisognerebbe giungere a compromessi e negoziazioni con altri Stati che, a loro volta, si ritroverebbero costretti a ridefinirsi ed eventualmente cedere parte del proprio territorio e delle risorse. La questione diventa ancora più spinosa se al punto sopra citato si aggiungono gli interessi delle nazioni straniere sulla questione curda. Sebbene desiderata e sostenuta, nella realtà dei fatti l’indipendenza è qualcosa di tortuoso e irraggiungibile, quasi un’utopia .
Behrouz Boochani è un giornalista e scrittore curdo, nato e cresciuto in Iran, si è sempre impegnato nella diffusione della cultura curda attraverso l’insegnamento della lingua e della letteratura, nonostante restrizioni e acuti dissensi.
In passato ha lavorato per diverse testate iraniane, è stato co-fondatore della rivista curda Werya, di cui ha fatto parte fino al febbraio del 2013 quando la redazione fu attaccata da un gruppo armato di rivoluzionari islamici. Alcuni giornalisti furono arrestati mentre altri costretti alla fuga, fra questi ultimi lo stesso Boochani. Dopo essersi nascosto per circa tre mesi in casa di amici per evitare di essere imprigionato senza aver commesso alcun crimine, Boochani laciò l’Iran per seguire la via dell’Asia insieme ad altri milioni di persone e storie. Proprio nel 2013 Kevin Rodd firmò un accordo col il ministro della Papua Nuova Guinea che autorizza il governo a deportare tutti coloro che arrivano in Australia via mare sulle isole di Manus e Nauru.
Si sa che in tempi in cui si rafforza la protezione dei propri confini si diffonde a macchia d’olio la percezione dell’altro come una minaccia, la paura si inasprisce persino più di quanto non lo sia già nella natura umana. Benchè non ci si dimentica della presenza di nemici interni, i Paesi si impegnano a controllare, limitare o impedire l’entrata di individui esterni (ed estranei) che potrebbero minare o distruggere un illusorio o apparente equilibrio. Rimanendo volutamente sul margine di alcune questioni e guardando le cose da un lato puramente umano, non essendo questo un blog di carattere né politico né giornalistico, sorgono alcune domande: chi ha il diritto di varcare i confini? Come si distinguono gli individui buoni da quelli “pericolosi” (semmai ci fossero dei parametri accurati di valutazione applicabili in tutti i casi)? Come si accoglie chi ha bisogno di essere accolto?
In verità una specie di selezione o di valutazione forse è impossibile, o almeno l’attuale sistema non lo prevede né permette. Esistono delle leggi e delle linee politiche che, a seconda della giurisdizione, indicano delle procedure. Così tutti coloro che raggiungono l’Australia per via mare, indipendentemente da quali siano le loro intenzioni e le loro personali condizioni, si ritrovano rifugiati su una piccola isola e quello che accade dopo ha un’importanza secondaria.
Il passaggio sulle isole, inizialmente inteso come una temporanea per la risoluzione di questioni burocratiche, si è trasformato in un limbo: andare avanti è impossibile tanto quanto tornare da dove si è venuti.
La prigione è intenzionalmente progettata per distruggere l’identità degli individui.
Questa è la condanna per chi ha commesso un crimine e l’annientamento di chi non ne ha commesso alcuno. I nomi sono sostituiti da numeri, i diritti scompaiono.
La questione Australiana, così lontana geograficamente e culturalmente dal nucleo dei Paesi più influenti, ha attirato l’attenzione delle associazioni umanitarie e dei media. Si è parlato dei campi di rifugiati, dell’abuso delle forze dell’ordine, della mancanza di controllo e di regole. Boochani ha avuto un ruolo importante nella diffusione delle notizie da Manus, il The Guardian gli ha persino affidato una rubrica in cui si pubblicano i suoi articoli tradotti in inglese da Moones Mansoubi, una specie di diario della prigionia attraverso il quale emergono le storie di individui che hanno varcato un confine per diventare socialmente “trasparenti”.
Superando qualche barriera linguistica e filtrando attraverso la traduziona, leggere Boochiani significa accedere ad una delle realtà lontane e scomode, dare uno spazio ad una voce che vuole essere ascoltata. Non è l’Australia che vien fuori, bensì un frammento di essa.
D’altro canto le opinioni pubbliche sui rifugiati e sull’emigrazione sono contrastanti, spesso ostili e basate sulla non conoscenza dei problemi e della diversità delle situazioni. Boochani ne è consapevole e usa il potere dei social media per arrivare agli altri, per cercare di varcare delle frontiere virtuali. È costantemente attivo su Twitter, ha prodotto un film, Chauka, please tell us the time, scrive non solo articoli giornalistici ma anche racconti e poesie. In effetti la sua attività è stata vista da alcuni come alquanto controversa, lo hanno voluto vedere come un falso prigioniero che continua a fare tranquillamente il proprio lavoro sotto una specie di ala protettiva.
Tuttavia, riprendendo una citazione della scrittrice polacca Olga Tokarczuk, se si scrivesse solo per una questione di attivismo si farebbe un pessimo lavoro, e per Boochani la scrittura è il modo di (r)esistere e non si esaurisce nella sua funzione giornalistica. Nel frattempo la sua terra lontana non è svanita nel nulla ma continua a ridefinirsi e ricostruirsi nell’immaginario, anche se si assottigliano i bordi e si smussano gli spigoli:
Ti parlerò del Kurdistan e delle sue montagne, di alberi meravigliosi e fiori rarissimi. Parlerò di fiumi selvaggi, di alte cascate e di una musica incantevole. Parlerò di mio padre che faceva il pastore, e del suo legame indissolubile con la natura. Parlerò di mia madre che lavorava sodo per darci da mangiare quando non c’era più nulla, lasciava che appoggiassimo la testa sul suo grembo e cantava delle storie bellissime per farci addormentare. Parlerò del Kurdistan trasformato in un campo di battaglia, dell’infanzia inondata dalla guerra, di 50.000 curdi ammazzati in un solo giorno dalle armi chimiche, della nostra terra sommersa dal sangue. Ti parlerò del Kurdistan e delle donne che ammiro. Le donne curde che combattono, cantano e danzano. Donne che combattono, cantano e danzano.
Dal blog Writingthroughfences.org .
3 responses to “Cronache dall’isola di Manus di Behrouz Boochani”
una bella recensione e un interessante profilo.
Un caro saluto
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Grazie, ricambio il saluto, buona giornata!
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felice serata
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