Riflessioni virali

Stamattina sono inciampata in una iniziativa letteraria che ha distratto per un attimo la mia attenzione completamente incentrata sulle notizie di cronaca e dai vari aggiornamenti: i proprietari della libreria Spine Bookstore sfidano la quarantena e consegnano libri su richiesta e direttamente a casa di chi risiede nella città di Bari. L’ho trovata un’iniziativa culturale ed imprenditoriale interessante che, nel marasma e nell’ansia generale, propone un atto di resistenza sia pur nella sua leggerezza.

Vivo il Coronavirus italiano a distanza, risiedendo fuori da questa Italia che sta vivendo uno dei problemi odierni seri e non da non sottovalutare né da prendere sotto gamba. D’altra parte, non so se nel Paese in cui vivo le informazioni attuali siano accurate ed ignoro quello che succederà nei giorni a venire.

Seguo le notizie, parlo con la gente, sono coinvolta e non sono coinvolta nello stesso tempo. È un avvenimento che, giustamente ed a ragione, causa frustrazione, allarmismo, incertezza e paura, come dovrebbero farlo anche altri fatti che però non sembrano avere lo stesso effetto altisonante. E poi ci sono contraddizioni, polemiche, discussioni, omissioni e quant’altro, come sempre e come qualsiasi cosa o evento che si manifesta e si sviluppa in una complessa società. Si sta esagerando oppure si sta sottovalutando la situazione?
E poi ci sono i media, che hanno dato voce a tutti ed a troppa gente, e che oltre alla funzione utilissima e alla diffusione della conoscenza incoraggiano il dilagare della non-conoscenza.
Mia zia ieri mi ha detto:  “Abbiamo superato l’epidemia del colera in passato, supereremo anche questa”. Ma questa è diversa, sotto tanti aspetti.

Non è facile inserire argomenti del genere in un blog che privilegia la letteratura, i libri e un passatempo durante il tempo libero che tende a mancare. Si rischia di essere inappropriati, superficiali, inadeguati e ignoranti, molto ignoranti. Inoltre, sinceramente mi domando se anche io non sia una dei tanti imbecilli a cui i social media hanno dato voce (ricalco il buon Umberto Eco). Ma se non si tocca per nulla la questione sembra ingiustamente – almeno a me- che questi blog siano un po’ fuori dal mondo e che i lettori tendano ad isolarsi e a nascondersi fra le pagine dei libri, quando invece proprio in queste ricercano la verità.
Quindi, senza voler dispensare sapienti consigli come fanno persino i popolari Influencer all’avanguardia, senza spacciarmi per l’esperta di turno che non sono, senza farmi portavoce della mala-informazione, senza credere di avere ragione senza averla, raggruppo qui i pensieri che hanno attraversato la mia mente. Li si prenda come tali, come pensieri nella mente di una persona che vive qui ed ora.

1. Innanzitutto, per ordine di importanza, c’è il dramma delle vittime, che da quanto ho letto oggi ammontano a circa 366, ovvero qualcosa che richiama il report di una sanguinosa battaglia contro un potente nemico, in questo caso uno senza volto ed identificato col nome di Covid-19.

Riflettevo sul fatto che volte si rischia di perdere di vista, magari anche involontariamente e bonariamente, la linea della moralità o della decenza di certe affermazioni: “i morti sono tutti (o quasi) anziani”, oppure ” (quasi) tutti i decessi interessano individui affetti da una precedente patologia, quindi significa che muoiono (quasi) solo i soggetti più a rischio”. E qui mi domando: ha importanza? Certo, chi muore alla degna età di cent’anni avrà vissuto quasi la totalità della propria vita, almeno secondo la durata media dell’esistenza umana. Certo, l’ingiustizia di una vita troncata troppo presto spezza l’anima. Ma, se un determinato problema causa o può causare decessi, forse non è il caso di mettersi a valutare il livello di drammaticità della morte quasi per voler trovare un attenuante di questa o quell’altra perdita umana, o per “farsene in qualche modo una ragione”.

Inoltre, se nemmeno gli esperti sono in grado prevedere l’effetto, il decorso e i potenziali danni di un virus su uno specifico soggetto- la medicina d’altronde non è mai stata una scienza esatta-, non è detto che le persone clinicamente sane possano tranquillamente considerarsi immuni da ogni pericolo e tirare un gran sospiro di sollievo.

2. Poi c’è la difficoltà di adottare e adattare certi codici e comportamenti che possano andare a turbare o modificare delle affermate abitudini, delle consuetudini e dei “rituali”. Alcuni comportamenti fisici, per gli italiani sembrano più involontari e spontanei rispetto ad altre culture, sono difficili da debellare: un bacio che accompagna un saluto, un abbraccio, un’indiscreta mano che tocca le varie parti del corpo di un interlocutore, una tiepida vicinanza corporea.
Abbiamo la fortuna, in questa parte del mondo ed in questa epoca, di non essere stati abituati tutto sommato a rigide restrizioni di movimento e di circolazione, non ci è stato vietato accedere quasi a nessun luogo (almeno nelle nostre città e paesi costruiti così a misura di essere umano), non dobbiamo chiedere troppi permessi per fare determinate cose. Può essere che siamo abituati ad una specie di comodità e che non siamo disposti a scalfirla in alcun modo? In fin dei conti, si tratta di un lusso.

3. Poi c’è una contraddizione di base data dalla diversità di esigenze, di responsabilità e di possibilità: la molteplicità delle storie. “State a casa” dicono tutti, alcuni un po’ privilegiati di altri, e si moltiplicano a vista d’occhio i messaggi e gli hashtag – spesso fastidiosi e di pessimo gusto- da “dipendenti dei social media”. Ma, in verità, se la mia azienda rimane aperta e lo smart-working non si applica alla mia figura professionale, allora è un altro paio di maniche. Dunque, la regola dovrebbe essere quella di continuare ad andare a lavoro regolarmente, eseguire diligentemente la propria routine in una situazione di emergenza, adottando sapientemente determinate misure di sicurezza (che non tutti rispetteranno) e sperare che nel frattempo non avvenga qualcosa di negativo o irreparabile. Ciò fa storcere un po’ il naso, giusto?

Inoltre, non tutti possono permettersi di far fronte ad inconvenienti consequenziali quali:
– prolungati permessi di malattia (incerta, tra l’altro) non retribuiti;
– costi del personale che si occupi di eventuale prole durante la sospensione delle attività scolastiche;
– mantenimento dei costi generati da un’attività lavorativa sia pur in stand-by o senza clienti e/o proventi (ad esempio, pagamenti fornitori, dipendenti, bollette, servizi, affitti di materiale/strumenti/immobili ecc.).

4. Dal precedente punto 3 ne consegue il danno economico che si avrà certamente ripercussione per un certo periodo di tempo, a patto che si esca da questa situazione il prima possibile . E poi, se così non fosse, è inutile menzionare qui le conseguenze.

5. L’essere umano tende a salvare la propria pelle e quella dei propri cari in una qualsiasi situazione di emergenza ed agisce ciecamente, secondo la potente legge della sopravvivenza, purtroppo a qualunque rischio e pericolo e persino al costo di lasciare da parte il buon senso, l’educazione, la ragione e la logica.

Il problema, qualsiasi esso sia, è sempre lontano finché non colpisce noi stessi e chi amiamo. Dunque, non si comprendono il problema né le sue conseguenze, per quanto queste possano essere devastanti e letali, fino a quando non è davvero troppo tardi. Devo ricordarmi che sto parlando del Covid-19 perché questa ed altre considerazioni si applicano a così tante cose che rischio di perdere completamente il filo del discorso. 

***

Ieri notte ho condiviso una foto su Instagram che ritraeva la copertina di un noto libro e una citazione che ho lasciato così come l’ho scovata, in lingua originale e dunque riservata a lusofoni e lusofili. L’opera Cecità di Saramago cade proprio a pennello per descrivere un’epidemia dei giorni nostri, e non solo, perché parla di questa dilagante e contagiosa cecità bianca che inizialmente obbliga al senso civico e all’isolamento di pochi, ma poi perde il controllo e si tramuta in un cataclisma in cui il potere, la follia e la bestialità prendono il sopravvento assoluto.

Ed è proprio vero che, anche se non si tratta della stessa patologia narrata dallo scrittore portoghese, un numero di fattori possono appannare completamente la nostra vista e l’intelletto, fino a renderci ciechi, irresponsabili e irrispettosi nei confronti di noi stessi e degli altri. Anche qui, come poc’anzi, devo ricordare a me stessa che sto parlando del virus Corona, altrimenti finirei di nuovo col perdere completamente il filo del discorso e sovrapporre molteplici temi diversi fra loro.


10 responses to “Riflessioni virali”

  1. Analisi e ragionamenti ponderati, ho apprezzato. Intanto quasi altri 100 morti e oltre 9.000 contagiati. Un po’ di senso civico in più e la situazione sarebbe meno tragica, secondo il mio modestissimo parere.
    Come dici tu, finché non tocca di persona, si pensa che un male sia lontano e poco rilevante.

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    • In poche ore la situazione è cambiata nuovamente da quando ho messo giù questi pensieri, purtroppo. Lo scossone è stato ed è ancora grande, spero che con la collaborazione ed il contributo di tutti si riesca ad arginare il problema quanto prima. Le perdite e i danni sono evidenti.
      Un saluto!

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  2. Carissima Marian, hai ragione su tutti i fronti. Di fronte ad emergenze di questo tipo emergono sempre, purtroppo, due comportamenti estremi: da una parte c’è chi perde la testa e si accalca nei supermercati per fare incetta di alimenti (anche se questo NON è un problema di carestia), dall’altra c’è chi se ne frega altamente di adottare le giuste precauzioni sanitarie e se ne va tranquillamente in giro di qua e di là, addirittura in vacanza, uscendo così da quelle zone “rosse” da cui non dovrebbe uscire… Nonostante l’invito da parte delle istituzioni di rimanere a casa, molta gente del milanese e di altre regioni è venuta a sciare sulle piste del Trentino, complice il fatto che le scuole sono chiuse. Leggo oggi sul giornale di code di sciatori davanti agli impianti di risalita e di affollamenti nei locali sparsi sulle zone dell’intero arco alpino. Eppure non dovrebbero concederselo, questo divertimento, se avessero un po’ di senso etico, di coscienza civile. Io, che abito nel Trentino ormai da tanti anni, per rispetto delle regole evito i luoghi affollati ed evito, naturalmente, di andare a sciare, di fare la coda alle seggiovie. Ma costa davvero tanta fatica cambiare le proprie abitudini? E’ così drammatico passare qualche settimana chiusi in casa e magari leggere, guardarsi un bel film o imbastire un gioco con i propri bambini? Il problema è che oggi la gente è troppo egoista e soprattutto viziata, abituata ad avere tutto e incapace di rinunciare a qualsiasi cosa. Come hai detto bene tu, guarda ai propri comodi fino al punto di non farsi scrupoli. Non tutti sono così, per fortuna, ma quelli che lo sono contribuiscono, purtroppo, a peggiorare la situazione. Speriamo almeno in un rimedio veloce ed efficace da parte della scienza, perché la vedo brutta. Intanto il problema non è più solo della Cina o dell’Italia, ma sta dilagando in tutta Europa e anche nel resto del mondo.

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    • Carissima Alessandra, un piacere leggerti! Innanzitutto spero che tu stia bene e che la tua ripresa sia solo in discesa.
      Per la questione qui trattata, non vorrei scrivere cose inaccurate ma per un contagio di tale misura devono esserci degli intoppi e degli errori. Ridicolo come la gente continui ad andare in vacanza nel meraviglioso territorio della tua regione… incoscienza, superficialità, oppure ignoranza? Non so… Spero vivamente che ci sia la collaborazione di tutti per una ripresa più rapida possibile.
      Nonostante tutto, sento che l’Italia sia stata comunque molto trasparente sotto certi aspetti rispetto ad altri paesi e confido che questa brutta botta dia uno scossone anche alle coscienze. Temo invece gli effetti in altri paesi, qualora ci fosse una diffusione del contagio simile all’Italia, sia per una questione di servizi sanitari sia per una gestione generale. Temo scenari ancora più raccapriccianti. Ma per ora viviamo il presente e cerchiamo di comportarci bene e con grande rispetto.
      Ti mando un abbraccio!

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  3. spero che i provvedimenti, secondo me ancora troppo blandi, possano mettere un argine alla diffusione. Però sta in noi fare il resto. La moral dissuasion del giorni passati ha prodotto zero effetti, quella più stringente di questi giorni ne vedremo i risultati tra qualche giorno. Però quello che osservo è che certi comportamenti persistono e questo non è un bene.

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