24 Aprile- In memoria del Genocidio armeno

Oggi condivido alcune letture nel giorno della memoria del Genocidio armeno, l’ho fatto negli anni passati in questo blog (eccone uno spunto), unendo storia e letteratura.

La mia prima lettura è stata un articolo sul giornalista Hrant Dink, assassinato nel 2007 per il suo impegno contro il nazionalismo turco.

Poi ho ritrovato un riassunto generale pubblicato su Internazionale in occasione del centenario della commemorazione del 2015, e un articolo del blog Ora Pro Siria.

Tempo permettendo, nel mio riportare tali eventi in queste pagine virtuali non ci sono parteggiamenti, non si supportano questo o quell’altro gruppo religioso, etnico o politico, si rimane lontani dai vari nazionalismi; semplicemente si sostiene il bene e si “denuncia” (forse non è il termine adatto) il male che, purtroppo, è stato commesso – e continua ad essere commesso- da soggetti provenienti da qualsiasi parte e gruppo.

Il mio desiderio utopico sta proprio dell’educazione, nell’apprendimento della storia e del rispetto nei confronti degli esseri umani, nella ricerca e nella comprensione, e in questo la letteratura rappresenta uno strumento.

Qualche anno fa ho acquistato una raccolta di storie in occasione del centenario del genocidio. Fra queste, ecco la storia di Nazik Asatryan, giornalista armena la cui famiglia è stata divisa e trasportata dagli eventi politici. Quest’anno ho ripreso il libro in mano e ne condivido un frammento:

Nazik ricorda di aver sentito tutte queste storie dal padre e, soprattutto, dalle zie. A loro va il merito di aver tessuto la trama di questi ricordi lontani nel tempo, mantenendo viva la memoria di una famiglia direttamente coinvolta , come tante altre, nella tragedia del genocidio armeno: «Mio padre ha maledetto il fatto di non aver scritto l’incredibile biografia di mio nonno. Ricordava quello che gli diceva sempre suo padre: “Figlio mio, un giorno ti dovrai sedere e scrivere la storia della mia vita. Vedrai che ci sarà materiale per diversi libri”. Ma quei libri, purtroppo, non sono mai stati scritti. Per fortuna però quella  storia non è stata mai dimenticata e oggi sono qui a raccontarla anche in memoria di tutte quelle persone che sono state massacrate un secolo fa». 

La storia di Nazik è anche la storia di donne, come quella della nonna dalla qualche ha preso il nome. Fu massacrata in quei terribili giorni del 1915. Era una bella ragazza con gli occhi verdi: «I turchi avevano un debole per le belle ragazze armene, erano delle prede, degli oggetti sessuali da inserire nel loro harem. Per questa ragione, quando incominciarono le persecuzioni, molti genitori, deliberatamente, cercarono di “imbruttire” le figlie. Una giovane ragazza cristiana era una preda appetitosa per i musulmani. Quando i turchi attaccarono la città, molte donne anziane decisero di nascondere le ragazze sotto i vestiti larghi, sperando così di imbrogliare i turchi. Ma lo stratagemma purtroppo non riuscì. Quando arrivarono, presero con la forza tutte le ragazze, le portarono in un edificio, le chiusero a chiave e se ne andarono. Le donne del villaggio furono dunque separate: le anziane all’esterno e le giovani dentro l’edificio.»

Ma le donne al di fuori non si arresero: «Le vecchie, mentre i turchi avevano deciso di prendersi delle ore di riposo, riuscirono a rompere una parte del muro. Molte ragazze, prima che gli assassini ritornassero a riprenderle, e solo Dio sa quale sarebbe potuta essere la loro sorte,  riuscirono a fuggire e a mettersi in salvo. Tra quelle ragazze c’era anche mia nonna che, dopo una fuga  durata molte settimane, raggiunse la Russia».

Da Il Genocidio Armeno: 100 Anni di Silenzio, AA.VV., Arkadia 2015, “Il Genocidio e le Donne Armene: Storie e Testimonianze”, Alessandro Aramu, pp. 96-97. 

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