Premetto che ultimamente ho accumulato su questo blog ancora più bozze del solito. Ho scribacchiato molto e male, ho cominciato tanti articoli e li ho abbandonati quasi tutti perché non mi piacevano, vi trovavo sempre errori grammaticali, forme incorrette e stili non appropriati. Sono consapevole dei limiti della mia scrittura, so quanto sia inadatta e poco professionale. Eppure, nella sua imperfezione la mia scrittura rimane uno sfogo, d’altronde di esse non ne ho fatto una professione bensì un passatempo che occupa pochissimo del tempo disponibile che mi rimane. Se scrivo qui posso liberare le mie opinioni, posso parlare di cose che non riesco a condividere nella vita di tutti i giorni, chi passerebbe una serata con me a parlare di letteratura post-coloniale? Ad ogni modo, dato il periodo un po’ particolare, ho pensato di chiedere un parere ad un anonimo interlocutore e ne è venuto fuori un dialogo che voglio tenere a mente, ho persino evidenziato con un colore diverso delle parole che mi hanno fatto pensare.
MarianTranslature: – Mi dici cosa pensi del mio ultimo articolo? Dimmi almeno se ti piace il layout, non devi leggerlo per forza.
Interlocutore: – Vediamo… Il titolo è davvero brutto! Libri dalla Terra Straniera: mi da di qualcosa che non mi appartiene e non mi suona giusto, c’è qualcosa che non mi convince… è come se si volesse parlare di qualcosa che non mi appartiene. C’è qualcosa che non ti so ben spiegare, non so, eppure suona così terribilmente sbagliato, in qualche modo offensivo.
Non so, forse sto sbagliando io. Forse i tuoi lettori hanno una cultura più alta della mia e il titolo lo hanno capito e compreso appieno, con tutte le sue sfumature, ironiche e non. Io sono esterno e un blasfemo e ho questa sensazione di sconforto.
M.: (nella mia mente: Ma che vuol dire? Chi sono i miei lettori? I non-scrittori non hanno lettori, io sono una lettrice, non scrivo per un target, la verità è che non scrivo per nessuno e poi sarebbe difficile “qualificare” la lettura di questo blog.) Va bene, quindi se ti trovi davanti ad un titolo del genere non sei invogliato ad andare oltre, giusto?
I.: – Forse no, ma non te lo saprei dire con sicurezza.
M.: – Magari non me lo sai dire perché non ti interessa l’argomento… a prescindere.
I: – Sicuramente le letture che presenti su questo blog sono distanti dalle mie. Tuttavia, mi sono molto divertito nel leggere African Psycho.
M.: E guarda un po’, proprio di questo libro non ho ancora scritto nulla qui…
I.: – Ok ma lo menzionerai prima o poi.
M.: – Forse si. Comunque, dimmi, un post con questo titolo ti allontana?
I.: – Secondo me non allontana se sei interessato all’argomento. This is weird, I don’t like it. This is wrong. Just a feeling.
Ok, feeling o non feeling, mi è entrata una pulce nell’orecchio e ho cominciato a rimuginare sul significato semantico della parola straniero, se sia giusto utilizzarla nei titoli dei miei post come faccio da un po’ di tempo a questa parte quando pubblico le mie opinioni su libri della letteratura internazionale (tradotti o non tradotti in italiano).
La verità è che non riesco bene a comprendere come, almeno secondo il mio interlocutore, la parola straniero possa contenere una seppur lieve sfumatura dispregiativa o offensiva. Per me non è affatto così. D’altronde in italiano abbiamo un’espressione comune quale “il fascino dello straniero” che si riferisce positivamente all’attrazione di qualcosa o qualcuno che non si conosce e che proviene da un luogo non familiare, più o meno distante.
Però, è pur vero che una lingua straniera per me può essere due cose:
- una lingua che non conosco assolutamente, e in questo caso effettivamente mi tiene distante da tutto quello che le riguarda, non riesco ad oltrepassarla;
- una lingua che comprendo e parlo ma che non padroneggerò mai come la mia unica lingua madre (la mia vera patria linguistica).
Dunque, in effetti è vero che la parola straniero ha una duplice valenza, può attrarre ma può anche allontanare.
In una cosa però concordo appieno con il mio interlocutore anonimo quando dice che il titolo del mio articolo sembra riferirsi a “qualcosa che non mi appartiene”. I libri che presento con il titolo Libri dalla Terra Straniera sono di solito scritti da autori che parlano di terre che non mi appartengono:
Qual è la mia personale esperienza sulla questione palestinese? Come ho vissuto il post-colonialismo in prima persona, i miei nonni mi hanno mai parlato di come si viveva ai tempi dell’imperialismo? Ho mai utilizzato il relaxer sui miei capelli come descrive Chimamanda Ngozi Adichie nei suoi libri?
La verità è che le storie dei libri che per me vengono dalla terra straniera non mi appartengono eppure mi attraggono, mi fanno conoscere qualcosa che non so affinchè gli stranieri diventino meno stranieri per me. La verità è che leggere libri di letteratura internazionale è un po’ come varcare una barriera (culturale, linguistica, sociale e altro), camminare in una terra straniera e sono proprio gli scrittori che prendono per mano i lettori e li accompagnano in questo affascinante e a volte tortuoso percorso.
La verità è che se il libro è scritto bene, per quanto possa essere culturalmente distante da me parlerà di cose in cui mi ci ritrovo perfettamente perchè quello che unisce tutti gli esseri umani di questo pianeta è proprio l’umanità e la condizione di essere umano, così finirò col sentirmi estremamente vicino ai protagonisti e ai personaggi della terra straniera e saremo finalmente tutti stranieri.
In conclusione, non so se sia il caso di cambiare il titolo ai miei post, ci penserò l’anno prossimo.
7 responses to “Dibattiti di pre-vigilia dell’anno nuovo: “straniero””
il blog è sfogo ma anche passione. Non sempre si riesce a esprimere con parole quello che abbiamo in testa. Quindi scriviamo quello che viene.
Un sereno 2018.
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Esattamente, ma è un buon modo per “prendere appunti” dei nostri pensieri. Ricambio l’augurio!
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verissimo
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I tuoi post sono tuoi, così come i titoli… perché mai dovresti cambiarli? Solo essendo se stessi fino in fondo si può creare curiosità ed interesse negli altri. Anche se sono culturalmente lontani da noi.
Saluti.
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Rimarranno decisamente i miei, ma fa sempre (piacevolmente) riflettere la prospettiva di qualcun altro. In questo caso, non pensavo che “straniero” avesse potuto in qualche modo comunicare una certa “distanza”. Grazie, buona giornata 🙂
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Bene, ora viviamo in un mondo globalizzato, recentemente sono andato in pensione e mi sono trasferito in una piccola comunità, e con mia sorpresa ci sono 3 scuole di lingua, dove in una sono insegnate sette lingue diverse, tra cui il cinese mandarino!
Essere multilingue, è al passo con il nostro tempo. 🙂
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In un mondo in cui le distanze sono state radicalmente accorciate, essere in grado di muoversi attraverso sfere linguistiche ha un certo valore. Grazie per la visita.
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