“Sonno” di Murakami Haruki e la ribellione dell’essere

Premessa
Quella che segue è una delle possibili interpretazioni di una lettrice di Sonno di Murakami Haruki. Non sto programmando la stesura di questo post e non so come essa si sbroglierà, tuttavia credo che, rispetto alle altre ‘presentazioni’ di libri che includo nella sezione apposita di questo blog personale, probabilmente mi preoccuperò meno di lasciare parti in sospeso e di fare riferimento al finale del libro. Dunque, si tenga in considerazione tale dichiarazione per terminare la presente lettura ed evitare indesiderati spoiler. Le immagini incluse in questo post sono fotografie delle illustrazioni del libro di cui si parla.

DSC02498La conclusione della lettura di questo libricino mi ha lasciata inizialmente un po’ perplessa, con un senso di insoddisfazione. In verità, credo di non aver compreso il significato e di non aver colto il messaggio del testo se non in un secondo momento, ovvero quando mi sono ritrovata a discutere del libro con chi l’aveva letto prima di me (una persona che su WordPress preferisce raccogliere notizie musicali su TheBlastOffBlog). È stato solo allora, infatti, che mi sono resa conto di avere un’interpretazione personale che aveva bisogno di essere elaborata per poter venir fuori e che, curiosamente, non era la stessa del mio interlocutore. In effetti, credo che poter parlare o scrivere a proposito delle proprie letture aiuti a scoprire cose che, forse, non potrebbero venire mai a galla. Ecco perché noi lettori finiamo col voler scrivere qualcosa pure noi, anche se magari non abbiamo lo stesso dono della scrittura di chi ammiriamo: l’atto di leggere può richiedere anche la riscrittura.

Raccogliendo un paio di informazioni sparse sul web, sono venuta a conoscenza dell’esistenza di un’altra edizione italiana del del libro di Murakami pubblicata da Baldini e Castoldi, cronologicamente precedente a quella da me letta, ma non mi è capitato di vedere nessuna copia dal vivo. Invece, la mia lettura è stata quella del libro nella traduzione di Antonietta Pastore, nell’edizione dell’Einaudi del 2014, una versione in cui è evidente la particolare cura del paratesto del libricino: dalla scelta delle pagine in carta patinata, alla scelta del trinomio cromatico bianco-blu-argento e, cosa più rilevante, impreziosita dalle bellissime illustrazioni della disegnatrice e fumettista tedesca Kat Menschik. Si tratta infatti di una collaborazione artistica fra lo scrittore e la disegnatrice (non la prima), in cui le parole e il filo della narrazione sono accompagnati da immagini accuratamente pensate e realizzate per l’occasione. Mi è capitato di leggere a proposito delle recensioni parecchio negative sul risultato del lavoro a quattro mani, tuttavia, io non vi ho trovato nulla di spiacevole. Certo, il mio parere non è quello di un critico né di un tecnico del settore ma, in veste di lettrice, mi sono ritrovata ad apprezzare la suddetta collaborazione artistica che ha trasformato un brevissimo racconto, leggibile quasi tutto d’un fiato, in un libro di tutto rispetto e persino esteticamente piacevole da conservare. Nonostante io non dia importanza all’estetica dei libri di narrativa, senza l’apporto visuale e figurativo forse questo libello sarebbe risultato davvero troppo scarno.

DSC02501Dunque, «Sono già diciassette giorni che non riesco a dormire…», è l’incipit del racconto della protagonista-narratrice, una donna, poco più che trentenne, moglie di un dentista e madre di un bambino già in età scolare. In tutto il racconto non ci sono tracce di nomi propri di persone ed i personaggi si presentano al lettore semplicemente attraverso i ruoli che rivestono: madre, moglie, figlio, uomo, donna, e così via.
Nelle prime pagine del libro la protagonista si ritrova a passare brevemente in rassegna alcuni dei punti che hanno caratterizzato la sua vita prima della preannunciata rottura dell’equilibrio e l’interruzione del sonno, rievocando in poche parole anche un episodio di insonnia di poca importanza di cui era stata vittima quando era ancora una studentessa universitaria. Ne vien fuori una vita ordinaria di casalinga, in verità nemmeno troppo frastornata e caotica, fatta di abitudini e azioni che si ripetono quotidianamente, riproducendosi quasi come banali riti di una piatta sopravvivenza.

La fatidica notte del cambiamento è marcata da una visione della protagonista-narratrice, una scena che si disegna in una zona di confine fra sogno e realtà: un uomo anziano è seduto al capezzale del letto, dalla sua parte, mentre dall’altro lato suo marito dorme pacificamente e indisturbato. Lo DSC02499sconosciuto non proferisce parola e non la guarda negli occhi, non tenta neppure di incontrare il suo sguardo; egli ha un volto pensieroso e, quando decide di muoversi, lo fa per versare sui suoi piedi l’acqua contenuta in un’anfora che reggeva in mano sin dall’inizio della surreale apparizione. Un gesto apparentemente insensato se non fosse che l’acqua è uno dei quattro elementi primari e già ai tempi dell’Antica Grecia i filosofi avevano individuato in essa l’origine del Cosmo. La scena descritta dalla protagonista potrebbe essere associata al rituale di purificazione della lavanda dei piedi della cultura cristiana, che ha pure delle affinità con la simbologia orientale. Pare infatti che in Giappone, essendo un arcipelago circondato (e attraversato) dal mare, l’acqua sia uno degli elementi naturali con cui gli abitanti devono instaurare un profondo legame, e che svolge un ruolo primario in molti rituali di purificazione, fra cui il Misogi. Inoltre, i piedi devono essere puliti in casa e nei luoghi chiusi; infatti, è tradizione ed usanza locale che in casa ci si tolga le scarpe all’ingresso, cosa che talvolta può essere richiesta in alcuni luoghi pubblici.

Ritornando alla scena della visione notturna menzionata poc’anzi, in tutto questo la protagonista è immobilizzata da una paralisi temporanea che la rende incapace di qualsiasi tipo di azione fisica o verbale. Una volta recuperata la facoltà di movimento, la protagonista si alza dal letto, si rinfresca per risollevarsi dall’ondata di sudore che l’aveva assalita e, resasi conto di non avere più sonno, afferra un libro, il primo che le capita davanti, lasciandosi abbandonare alla lettura che si prolunga fino alle prime luci dell’alba, quando il giorno la richiama ai suoi doveri quotidiani di moglie e madre. Tuttavia, alla prima notte di insonnia ne segue un’altra, e poi ancora altre e, analogamente, al primo libro (il romanzo russo di Anna Karenina) se ne susseguono innumerevoli altri. Così, fra la perdita del sonno e il guadagno di ore di attività, la protagonista riscopre una passione viscerale che aveva caratterizzato il suo essere fin dai primi anni della sua vita e che aveva abbandonato per una serie di circostanze, non riuscendosi più ad incastrare nell’affollata routine del quotidiano. Dopo un prolungato periodo di astinenza dalla lettura, la protagonista si rende conto di aver attraversato qualche anno prima un grande cambiamento:
«Ad un certo punto mi accorgevo che il tempo era passato, ed io ferma sempre alla stessa pagina. Così finii per l’abituarmi ad una vita praticamente priva di letture. A pensarci bene, era una cosa sorprendente. Fin da bambina, leggere era stata la cosa più importante della mia vita».

Con la graduale presa di coscienza, comincia un viaggio intimo alla riscoperta di sé stessa alla ripresa degli impulsi naturali e dei desideri del suo essere che la portano ad alienarsi e ad allontanarsi sempre più dalla realtà quotidiana. Anzi, quest’ultima comincia ad assume un contorno sempre più opaco e la protagonista comincia a ripudiarla, a vantaggio della ricerca di una libertà assoluta e quasi ultraterrena.
In questo peculiare percorso, che assume le sembianze di un personale lavoro filosofico, la protagonista comincia a scindere drasticamente le due componenti del suo essere, il corpo e la mente, rendendosi conto di come la maggior parte (se non tutte) le sue scelte di vita fino a quel momento erano state guidate da fattori puramente pratici e utilitaristici (dallo studio alle scelte in ambito lavorativa, nonché in quello delle relazioni sociale e tanto altro), e di come tutto ciò l’avesse gradatamente allontanata dalla vera essenza della sua persona:
«Mi chiesi perché  la vita di una persona dovesse subire un cambiamento tanto radicale. Dov’era finita quella ragazza che leggeva come un’invasata? Quel tempo e quella passione tanto forte da potersi quasi considerare anormale, cos’erano ormai per me?».

La riscoperta della lettura diventa per lei un’attività dalla quale si lascia attirare con passionale coinvolgimento, trasformandosi in un piacere libidinoso che la induce a stimolare altri sensi. Qui la lettura si accompagna al gusto dolce della cioccolDSC02502ata, che addenta con ardore, e al sapore del cognac, di cui ad ogni sorso ne avverte il bruciore che ne segna il passaggio fin giù a riscaldarle lo stomaco. Intanto, la realtà le appare sempre più banale, manipolabile come se fosse un semplice macchinario che deve continuare a funzionare e, per logica delle cose, gli umani sembrano essere inanimati burattini che aspettano di essere mossi nell’insulso gioco della realtà.

A mio avviso, l’elemento della lettura  non è uno dei principali del racconto, benché ne caratterizzi il martellante procedere delle azioni. In realtà, la lettura rappresentare semplicemente una delle possibili passioni dell’essere, facilmente sostituibile da qualsiasi altra passione o attività di piacere, in primis  dall’arte non utilitaristica (scultura, pittura e tanto altro), ovvero tutte cose che non sono ritenute necessarie nel quotidiano del mondo contemporaneo. L’arte non serve. Credo che l’elemento principale e la chiave di comprensione del racconto sia proprio il sonno (che non per nulla da il titolo al libro) e la necessità di liberarsi da esso. Il sonno è una delle funzioni primarie fisiche e psichiche che permettono all’essere di recuperare energia, ed è proprio questo che la protagonista si propone di sfidare per raggiungere la libertà assoluta dell’essere e l’eliminazione del bisogno carnale.
Mentre la donna si eleva ad un livello di superiorità che le consente di vivere senza sonno, ella percepisce che il suo corpo, anziché essere provato e affaticato, ne trae beneficio. La donna vede, o le sembra di vedere, la sua immagine riflessa nello specchio più bella e ringiovanita. Insomma, è chiaro che la ricerca della libertà della protagonista è anche la ricerca dell’immortalità e la vittoria contro la morte.
A questo punto mi sono resa conto di quanto questo racconto sembri essere quasi una riscrittura della cacciata di Lucifero dal Paradiso e la sua discesa negli inferi, dove però l’ambiente è stato chiaramente sostituito da quello urbano dalla città, e il ruolo del protagonista è interpretato da una donna. Infatti, mentre i ribelli della tradizione sono generalmente di sesso maschile (Lucifero, Prometeo, Doctor Faustus, persino l’Ogun africano), questa volta il ribelle è una donna. Neppure l’Eva della tradizione Cristiana ebbe una personalità tanto decisa da poter essere la protagonista del gesto di ribellione: sedotta (passivamente) dal serpente (il diavolo o Lucifero), sedusse sua volta l’uomo affinché infrangesse la regola dell’immortalità divina.

La protagonista non ha più sonno. Nella notte i suoi occhi non si chiudono e persino le immagini suggeriscono la presenza di occhi sbarrati, quasi allucinati, che scrutano e leggono tutto quello che possono per raggiungere la conoscenza infinita. Alla fine del racconto la protagonista decide di mettersi in auto e guidare lontano, in semplice libertà, ma prima di uscire si infila il cappello di suo marito e, guardandosi allo specchio, si rende conto di assomigliare ad un uomo. Eppure ella non è un uomo. Però, ciò non ha ormai alcuna importanza, poiché la protagonista a questo punto è ormai persa nella sua dannazione, è riuscita ad abbandonare le sembianze umane ed è salita ad una dimensione superiore, o almeno questo è quello che ella crede, finché non perderà il controllo di tutto. I segni della sua distanza terrena erano già stati evidenziati prima del finale. Ella non prova più attrazione per suo marito e non ha alcun bisogno di unirsi fisicamente a lui; ama suo figlio, ma solo per una forma di protezione che ha sostituito l’istinto materno, infatti ha la certezza che un giorno ci sarà un allontanamento e che il  legame della maternità sarà completamente dissolto.

Lascio in sospeso la scena finale del racconto.

****

Per certi tratti mi sono riconosciuta parecchio nella protagonista, ma non nella veste dell’eroina contemporanea che sfida  i limiti dell’essere, bensì nel soggetto che affronta l’amara constatazione di quanto il mondo contemporaneo tenda a lasciare (sempre se lo consente) ben poco spazio alle passioni dell’essere. Certo, non mancano i casi in cui quest’asserzione non sia vera, ma questa è una parte della realtà, come tutto.
È proprio  durante la notte che il nostro spirito si libera, quando il trambusto del giorno si ritira temporaneamente per riprendere energia e prima di ricominciare allo stesso modo il giorno seguente. È proprio nell’oscurità notturna che le passioni riescono a prendere forma, quelle non legate alle necessità e i bisogni del mondo contemporaneo: il lavoro o, ancora peggio,  la ricerca del lavoro, lo svolgimento dei compiti quotidiani, l’attaccamento ai doveri e alle responsabilità. Nonostante ciò, fortunati solo coloro a cui le notti sono (metaforicamente) ancora concesse.
Questa interpretazione di Sonno ha molto in comune con il narratore di Le Aurore della Notte, da cui riprendo qualcosa che avevo scritto in passato:
«[…]è nell’oscurità che gli occhi brillano di più; la lucciola attende la notte per essere sé stessa; è nell’acqua che il pesce rimane asciutto, fuori dall’acqua esso trasuda morte; […] è di notte che smetto di vergognarmi di essere me stesso, che apro la gabbia dell’immaginazione e riesco ad essere quello che sono nel profondo del mio cuore: un narratore.

Ricordo che ai tempi dell’università riuscivo a preparare la parte più consistente degli esami durante le ore notturne; è di notte che mi risulta più naturale e semplice dedicarmi ai miei “esercizi di traduzione” che a volte decido di pubblicare su qualche post, mentre di giorno ci sono troppe interferenze che imbrogliano gli esercizi linguistici; è di notte mi vengono in mente la maggior parte delle idee per riempire questo spazio di piacere che ho chiamato Translature, mentre di giorno il mio lavoro non richiede che io faccia delle riflessioni letterarie né che parli delle mie letture. Eppure, tutto questo è una fortuna, perché ci sono momenti (o vite) in cui neppure le notti riescono a lasciare libera la nostra immaginazione e, in questi casi, esiste solo un giorno perenne, troppo luminoso e troppo accecante. Un grande scrittore portoghese, José Saramago, anni fa scrisse persino un saggio a proposito di una cecità luminosa e bianca.

E poi, si sa, col passare del tempo le passioni non coltivate finiscono con l’indebolirsi fino ad essere dimenticate, le vite cambiano, cosi come è accaduto alla protagonista di Sonno.


9 responses to ““Sonno” di Murakami Haruki e la ribellione dell’essere”

  1. Letto con interesse misto a curiosità questo post sull’autore giapponese Murakami Haruki. Post lungo e dettagliato che dimostra l’intelliegenza di chi lo ha scritto. Nonostante tutto io continuo restare refrattario alla cultura giapponese e a quella dei suo autori. Non c’è verso di digerirla. Ci provo ma poi desisto. E’ inutile. E’ un mondo troppo distante da me per poter essere apprezzato, almeno secondo la mia opinione.
    Tuttavia è apprezzabile la precisione nelle riflessioni sulle varie parti del romanzo.

    Like

  2. My first encounter with Murakami happened 5 or 6 years ago.
    I had discussed with my “magister” about his very particular style that binds me to him, so if you can define that, for “issues of esoteric arts and music”…
    I state: I have a fatal attraction for Japan and its culture and have been there several times (but that’s another story), but not knowing any author besides Banana Y., who had disappointed me, then I hadn’t examined the subject.
    I started with The Wind-Up Bird Chronicle (l’uccello che faceva girare le viti del mondo) and later I received a gift of the Norwegian Wood that I could not end reading because of a “quirk” tied to a strange vision seen during my reading.
    But nothing is left to chance…
    So after that I was left attracted by Tan Twan Eng and Mo Yan…
    as regulars visitor of every literary cafe and library, in fact, nothing happens by chance.
    I myself believe “in the sleep” that unique opportunity to live fully in the parallel reality of the dream… so I enjoyed your vision and interpretation that intrigued me a lot.
    You have written a very interesting summary, unique and full of insights.
    It takes openness and delicacy to fully understand certain niceties, I admit that Japanese culture is very unique and I understand if we Westerners have difficulty to be open to it .. the rituals, philosophy of live (shinto-buddhism, zen and tao) and ideals are true chimeras that require somehow “to be initiated”… or maybe even to accept “the other as different entity”.
    Thank you very much for your suggestion.

    Liked by 1 person

  3. Easier to go with the the language flow…
    Firstly, thanks for the precious comment, Claudine, it deserves to be under the spotlight as it is a great response to my post. It gave me something to think about and I’ll check out the artists you mentioned (a fruitful exchange here). Also, I am pleased that you appreciated my reader’s interpretation.
    I am not a Japanese literature expert by any means, but I have been captured by its charming effect on several occasions. Actually, I first happened to discover the Japanese charming art throught movies.
    I know Western eyes (and mine are also Western) may have difficulty decoding Eastern cultures and symbols, but if you can get at least a tiny piece of it at a time, you’ll get a view from a slightly different perspective. Then, if you put those perspectives together, you’ll get a broader view.. and that’s why literature is a weapon.
    Although I haven’t read many of his books, I think Murakami has the capacity to touch very sensitive chords using simple words and providing just a couple of details.

    Liked by 1 person

  4. Arrivo qui da Libri nella menteseguendo il suggerimento di Alessandra e mi imbatto immediatamente nella recensione di questo racconto che io stessa ho appena terminato. Mi accorgo che nella mia recensione, ora appena abbozzata, ho evidenziato alcuni aspetti che hai ritenuto giusto approfondire a tua volta, ma noto, nella tua riflessione, anche altri aspetti cui non avevo minimamente pensato e che mi fanno in parte rivalutare l’iniziale opinione fredda che mi ero formata del libro. Hai ragione nel dire che scrivere di un libro letto aiuta a tirarne fuori i significati, e il confronto con le impressioni altrui (o direttamente il dialogo con altri lettori) permette di spremere il messaggio, di rigirarlo, comprenderne le sfaccettature e le variazioni, quindi ti ringrazio per questa analisi e mi complimento con te per l’accuratezza dell’articolo. Alla prossima! Cristina

    Liked by 1 person

  5. Ciao Cristina e grazie, mi fa davvero molto piacere (anche per la segnalazione di Alessandra, il cui blog seguo con interesse per le sue meravigliose recensioni e per gli spunti che fornisce).
    Anche io, come ho scritto, ho dovuto (e voluto) ripensare la mia primissima impressione suo libro.
    Sì, è proprio questo il motivo che mi fa continuare a pubblicare degli articoli che, altrimenti, rimarrebbero privati e personali, lo scambio con gli altri è una bellissima fonte di ricchezza!
    Grazie e aspetterò di leggere la tua prospettiva sul libro.
    Buona domenica! 🙂

    Like

Leave a comment